Parigi, 11-13 novembre 2010 – Si è tenuto a Parigi il 4° seminario internazionale di studio su “Povertà e impoverimento in Europa tra crisi economica e soggetti sociali” promosso dalle ACLI, l’ENAIP e la FAI, con il sostegno dell’EZA e della Commissione Europea. Per le ACLI e per la FAI (Federazione ACLI Internazionale), il seminario è stato lo strumento attraverso il quale, queste associazioni, intendono portarci a riflettere su questioni di grande rilevanza sociale, chiamando a confronto le organizzazioni europee che hanno come propria Mission la promozione ed il dialogo sociale, la cultura del lavoro e della cittadinanza. Il seminario ha visto la partecipazione anche di Jacques Delors (già Presidente della Commissione Europea), di Emilio Gabaglio (già segretario generale della Confederazione Europea dei Sindacati), di Conny Reuter (Presidente della Social Platform), di Raf Chanterie (Presidente dell’EZA – Centro Europeo per i problemi dei lavoratori), di Albin Krämer (KAB – Movimento dei Lavoratori Cattolici) e molti altri. Al termine dell’Anno europeo contro la povertà e l’esclusione sociale, le ACLI intendono interrogarsi non solo sull’efficacia delle politiche pubbliche del lavoro e dell’inclusione sociale, ma anche sulla capacità che hanno le reti sociali di rappresentare i soggetti più deboli promuovendo risposte/interventi diretti e indiretti, nuove pratiche dell’associazionismo di promozione sociale con l’idea concreta di trovare strumenti di partecipazione attiva in tutte quelle istanze sia istituzionali europee sia di collaborazione attiva con le altre reti sociali europee pensando anche ad un luogo d’incontro di condivisione e di proposte. Una delle grandi domande che si è posto anche il Presidente della FAI e delle ACLI Nazionali, è sul significato stesso del vivere, oggi, in povertà nell’Unione Europea. Attualmente ben 79 milioni di cittadini comunitari fanno fatica a giungere alla fine del mese e/o a garantire l’istruzione superiore o le cure mediche ai propri figli. Per non parlare dell’attuale crisi economica che mette a rischio di perdita del proprio posto di lavoro a 6 milioni di europei, colpendo comunque le fasce più svantaggiate quali i giovani. Per l’UE diventa, di fatto, una priorità morale, sociale ed economica; ma tutti i soggetti devono sentirsi coinvolti a partecipare attivamente nelle varie azioni di intervento. Per questo, anche le ACLI, viste le proprie finalità statutarie, si sente e deve sentirsi coinvolta ed impegnata con la propria azione sociale attivando il dialogo con tutti gli attori istituzionali e privati. Non a caso anche le politiche sociali europee, nella sua “Strategia Europa 2020”, si inizia a parlare di patto territoriale ma che vede e chiede un maggior coinvolgimento di partner, reti e organizzazioni non governative a sostegno dell’iniziativa sociale per promuovere le istanze dei soggetti più deboli. In questo, la grande esperienza delle ACLI, di più di mezzo secolo, può contribuire all’elaborazione di pratiche dell’associazionismo di promozione sociale condivisibile da tutti quegli attori che già operano a sostegno dei più deboli. Ma su questo punto, anche P. Elio Dalla Zuanna (incaricato nazionale della Conferenza Episcopale italiana per la formazione spirituale nelle ACLI), ci mette sull’attenti a non fare diventare il tema della povertà un tema astratto. Già oggi nel nostro agire quotidiano all’interno delle nostre associazioni facciamo fatica ad andare in certi quartieri poveri; anche nelle nostre stesse città facciamo fatica ad incontrare l’altro, il diverso. Il Presidente ACLI ci rammenta i Discorsi di San Basilio: “Ricorda che il pane che ti sopravanza, è il pane dell’affamato; il vestito appeso al tuo armadio, è il vestito di chi è nudo; le scarpe che non porti, sono le scarpe di chi è scalzo, le opere di carità che non compi, sono altret-tante ingiustizie che commetti”. Ciò significa che oggi il problema non è fare la guerra alla ricchezza ma alla povertà; bisogna stare attenti a quella povertà strisciante (quanti fanno difficoltà ad arrivare alla fine del mese) che porta a non agire a non incontrare l’altro, il più debole. Come associazioni impegnate nel sociale, dobbiamo contribuire con più forza alle politiche pubbliche e richiedere più coraggio con interventi mirati alle istituzioni, alle organizzazioni e contribuendo, semmai, a definire un nuovo modello di sviluppo e di coesione sociale. Anche nel nostro piccolo, nel nostro essere parte della società civile, bisogna avere il coraggio, come diceva Don Tonino Bello, di “essere spina nel fianco della gente che vive nelle beatitudini delle sue sicurezze”.
Paolo Vendola – Giornale Comunità
(ANNO XXXVI – N. 12.2010 – Mensile Cattolico Italiano della Svizzera Orientale)