In vacanza con i figli e con lo spread.

In vacanza con i figli e con lo spread.

Lo spread il “minore dei mali” durante le nostre vacanze estive.

Winterthur, agosto-settembre 2012 – Eccoci al rientro per i tanti dalle rispettive e tanto attese ferie estive confrontati tra gli ultimi scampoli di quel clima di relax che le vacanze ci concedono prima del ritorno nella nostra quotidianità. Anche se una prima grande novità, meno sentita alle nostre latitudini qui in Svizzera, è quella di tante famiglie che non sono partite per le vacanze “fuori sede”, ma si sono organizzate con weekend fuori di casa o al mare. Nonostante ciò, comunque questo è un periodo di riflessione e di riposo, spesso ci si mette a confronto con questioni e fatti che durante l’anno a volte affrontiamo con superficialità. Vuoi perché la famiglia, il lavoro, il tempo libero riempiono già le nostre giornate, vuoi perché non si ha concretamente il tempo di riflettere su quanto ci circonda e, quindi, eventi importanti sovente ci passano in superficie o li percepiamo come un lontano eco da approfondire poi nei nostri luoghi di ritrovo.

Quel che in particolare ha colpito molte famiglie italiane, impaurite dalla crisi e incerte sul da farsi, è proprio il tema delle vacanze. Chi le ha ridotte, chi le ha completamente sacrificate, chi ha vissuto un agosto all’insegna che al rientro nulla cambierà o addirittura sarà ancora peggio, accompagnati dal perenne incubo dello spread (spread significa “ampiezza”, “apertura” ma anche “differenza” è usato oggi per definire la differenza tra il rendimento dei titoli di stato italiani e quelli tedeschi, quindi una misura dell’affidabilità di uno Stato a restituire un credito), che è andato ad affiancare i tormentoni tipici di ogni estate.

Il panorama che si percepisce oggi in Italia è desolante e nessuno sembra capace, a livello politico, di formulare un progetto, di indicare un obiettivo, un’idea che porti a un punto di approdo. Sembra quasi di vivere o sopravvivere alla giornata sapendo che altri Paesi europei declinano e non si tenta nemmeno di alzare l’asticella del dibattito serio e costruttivo. Persino il nostro attuale Premier, Mario Monti, si è affidato al pensiero di De Gasperi: «Un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni». Sforzi impegnativi se non difficili nell’attuale quadro politico italiano dove ci raccontano che non si può fare altrimenti, tagliare, rinunciare, sacrificare: in Italia la formula è „ce lo chiede l’Europa”. Anche nei nostri ambienti lavorativi e non, spesso, si sente dire “ce lo chiedono da…”, quasi a scacciare un senso di assunzione di responsabilità verso il prossimo e verso se stessi. Quando la scelta, le decisioni sono assunte da altri, quasi ci si sente sollevati per aver deciso di non decidere. Stesso atteggiamento, contesti diversi per i Gattopardi della politica nel nostro piccolo quotidiano ed a livello nazionale dove il coraggio delle scelte si limitano alle alleanze presenti e future espresse in chiave elettorale, e non per il bene comune.

Lo spread il minore dei mali. Questa può essere alla fine davvero il minore dei mali: quello di andare o essere andati in vacanza con lo spread. A sentire alcuni miei cari amici, le generazioni future, gli attuali neonati, appena impareranno a pronunciare il nome di “mamma” e di “papà”, la terza parola in assoluto sarà “spread”. E già, perché quelle saranno le generazioni che continueranno e si troveranno il peso addosso di un debito pubblico sempre più crescente, dove nessuno oggi si è preoccupato fino in fondo di verificare i privilegi dell’attuale classe politica o gli sprechi delle risorse pubbliche per rimettere a posto i conti pubblici.

Ed ecco quindi in molti titoli di giornale, per non parlare dei vari telegiornali, descrivere allarmati sull’attuale speculazione finanziaria che sta colpendo l’Italia, compreso questo minaccioso “spread” i cui valori sono ai massimi storici dall’introduzione dell’euro.

Se discuti con il bagnino di turno, espressione di una classe di lavoratori tartassati perché certa la loro fonte di reddito, la loro percezione dello spread te la esprimono con un concetto molto semplice. Se gli ombrelloni sono vuoti, noi lavoriamo di meno e guadagniamo di meno!

In un momento cruciale di questa economia globale dove già si ragiona dello “scudo anti-spread” come ricetta economica all’incapacità politica dei governi di concordare un’adeguata risposta all’assedio della speculazione finanziaria, non mi meraviglierei più di tanto se per le prossime vacanze estive accanto ai propri figli, in spiaggia, trovassimo la mascotte di turno con il collarino “spread” in bella evidenza per sfatare una crisi che condiziona il nostro vivere quotidiano.

Paolo Vendola – Giornale Comunità