Italia sì, Italia no… e riconferma di Napolitano.

Italia sì, Italia no… e riconferma di Napolitano.

Le incredibili alternanze dopo più di cinquanta giorni dalle elezioni politiche, dove tutto è immobile e si risolve con il secondo mandato di Napolitano come Presidente della Repubblica.

Winterthur, aprile 2013 – Eccoci in questi giorni alle prese con l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica Italiana a cinquanta giorni dalla campagna elettorale che non ha ancora prodotto nessun Governo in grado di guidare l’Italia e farla risollevare dalla gravissima situazione in cui versa e dove è evidente e sotto gli occhi di tutti il fallimento dei nostri politici.
L’impasse in cui versa l’Italia è culminata con la ricandidatura di Giorgio Napolitano (87 anni) alla Presidenza della Repubblica chiamato a gran voce da tutti come garante istituzionale di fronte ad un fallimento politico di coloro i quali sono stati eletti a rappresentarci nelle istituzioni del nostro Paese per ri-costruire un futuro credibile e generare stabilità all’interno e all’esterno dei confini nazionali.

Disfacimento economico e crisi politica. Di fronte al disfacimento economico e sociale cui versa il nostro Paese, l’attuale classe politica è stata in grado solo di replicare lo status quo. In molti hanno gridato al golpe: si può ben immaginare il perché. Molti cittadini chiedevano il cambiamento. Cambiamento che è già avvenuto in Italia e all’estero con l’elezione di tanti volti nuovi “puliti” alle ultime elezioni politiche, ma non ancora sufficiente di fronte a quanti “non mollano” la propria poltrona e contro il cambiamento di chi si propone con idee nuove per contrastare il vecchio che ha portato l’Italia alla deriva.
Si è venuta a creare una gran confusione anche tra le stesse coalizioni e mentre mi veniva in mente la canzone “Italia sì, Italia no…, quello sì, quello no…” ho visto accadere di tutto di fronte ad ogni bocciatura di nomi di tutto rispetto e, come tanti cittadini, anch’io non mi spiego del muro creato dal segretario (uscente) del PD verso la candidatura di Stefano Rodotà preferito anche da molti grandi elettori del PD stesso e liberamente scelto da molti cittadini durante le “Quirinarie” passate nella rete dei social network.
Un garante delle istituzioni. Così tocca ora al Presidente Napolitano fare da garante delle istituzioni e conciliare le varie forze politiche per il bene del Paese, sperando che non si venga a creare una sorta di “effetto bunker” in cui si asserraglieranno i tanti della vecchia nomenklatura e della partitocrazia, ma che, immagino, da ora in poi sarà assediato dai cittadini comuni sperando comunque che continui a prevalere la non violenza e il buon senso al di là degli schieramenti.
Dopo la rielezione di Napolitano, molti cittadini hanno dimostrato buon senso e durante le manifestazioni davanti a Montecitorio cui hanno partecipato anche molti elettori del PD hanno protestato in maniera composta. Quasi a voler dimostrare che di fronte allo sfascio delle istituzioni vi è molto senso dello Stato da parte della maggioranza degli italiani, da parte di normali cittadini esasperati della recessione economica e dei disagi sempre più crescenti per intere famiglie.
La speranza per un cambiamento. La speranza, volendo essere ottimisti, è che non si crei un esecutivo composto da quanti hanno negato ogni forma di cambiamento ma che inneggiano alle “larghe intese” per salvare il nostro Paese affinché “tutto cambi, perché nulla cambi…” di gattopardesca memoria che non lascia presagire nulla di buono per il nostro Paese e, quasi a dire, che purtroppo il peggio deve ancora venire.
Credo che la vera speranza e la grande novità del domani sarà proprio quel tam-tam di cittadini che, attraverso la rete dei social network, tenga alta l’attenzione delle persone comuni verso le istituzioni ed i politici perché, come diceva Mahatma Ghandi: “Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere”. Ricordiamocene tutti che, questo grand’uomo, con la non violenza ha liberato un Paese, e il cambiamento nella nostra Italia può e deve passare nel tenere alta l’attenzione verso chi ci rappresenta nelle istituzioni con una partecipazione critica più che mai importante a garanzia della vita democratica del nostro Paese.

Paolo Vendola

In vacanza con i figli e con lo spread.

In vacanza con i figli e con lo spread.

Lo spread il “minore dei mali” durante le nostre vacanze estive.

Winterthur, agosto-settembre 2012 – Eccoci al rientro per i tanti dalle rispettive e tanto attese ferie estive confrontati tra gli ultimi scampoli di quel clima di relax che le vacanze ci concedono prima del ritorno nella nostra quotidianità. Anche se una prima grande novità, meno sentita alle nostre latitudini qui in Svizzera, è quella di tante famiglie che non sono partite per le vacanze “fuori sede”, ma si sono organizzate con weekend fuori di casa o al mare. Nonostante ciò, comunque questo è un periodo di riflessione e di riposo, spesso ci si mette a confronto con questioni e fatti che durante l’anno a volte affrontiamo con superficialità. Vuoi perché la famiglia, il lavoro, il tempo libero riempiono già le nostre giornate, vuoi perché non si ha concretamente il tempo di riflettere su quanto ci circonda e, quindi, eventi importanti sovente ci passano in superficie o li percepiamo come un lontano eco da approfondire poi nei nostri luoghi di ritrovo.

Quel che in particolare ha colpito molte famiglie italiane, impaurite dalla crisi e incerte sul da farsi, è proprio il tema delle vacanze. Chi le ha ridotte, chi le ha completamente sacrificate, chi ha vissuto un agosto all’insegna che al rientro nulla cambierà o addirittura sarà ancora peggio, accompagnati dal perenne incubo dello spread (spread significa “ampiezza”, “apertura” ma anche “differenza” è usato oggi per definire la differenza tra il rendimento dei titoli di stato italiani e quelli tedeschi, quindi una misura dell’affidabilità di uno Stato a restituire un credito), che è andato ad affiancare i tormentoni tipici di ogni estate.

Il panorama che si percepisce oggi in Italia è desolante e nessuno sembra capace, a livello politico, di formulare un progetto, di indicare un obiettivo, un’idea che porti a un punto di approdo. Sembra quasi di vivere o sopravvivere alla giornata sapendo che altri Paesi europei declinano e non si tenta nemmeno di alzare l’asticella del dibattito serio e costruttivo. Persino il nostro attuale Premier, Mario Monti, si è affidato al pensiero di De Gasperi: «Un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni». Sforzi impegnativi se non difficili nell’attuale quadro politico italiano dove ci raccontano che non si può fare altrimenti, tagliare, rinunciare, sacrificare: in Italia la formula è „ce lo chiede l’Europa”. Anche nei nostri ambienti lavorativi e non, spesso, si sente dire “ce lo chiedono da…”, quasi a scacciare un senso di assunzione di responsabilità verso il prossimo e verso se stessi. Quando la scelta, le decisioni sono assunte da altri, quasi ci si sente sollevati per aver deciso di non decidere. Stesso atteggiamento, contesti diversi per i Gattopardi della politica nel nostro piccolo quotidiano ed a livello nazionale dove il coraggio delle scelte si limitano alle alleanze presenti e future espresse in chiave elettorale, e non per il bene comune.

Lo spread il minore dei mali. Questa può essere alla fine davvero il minore dei mali: quello di andare o essere andati in vacanza con lo spread. A sentire alcuni miei cari amici, le generazioni future, gli attuali neonati, appena impareranno a pronunciare il nome di “mamma” e di “papà”, la terza parola in assoluto sarà “spread”. E già, perché quelle saranno le generazioni che continueranno e si troveranno il peso addosso di un debito pubblico sempre più crescente, dove nessuno oggi si è preoccupato fino in fondo di verificare i privilegi dell’attuale classe politica o gli sprechi delle risorse pubbliche per rimettere a posto i conti pubblici.

Ed ecco quindi in molti titoli di giornale, per non parlare dei vari telegiornali, descrivere allarmati sull’attuale speculazione finanziaria che sta colpendo l’Italia, compreso questo minaccioso “spread” i cui valori sono ai massimi storici dall’introduzione dell’euro.

Se discuti con il bagnino di turno, espressione di una classe di lavoratori tartassati perché certa la loro fonte di reddito, la loro percezione dello spread te la esprimono con un concetto molto semplice. Se gli ombrelloni sono vuoti, noi lavoriamo di meno e guadagniamo di meno!

In un momento cruciale di questa economia globale dove già si ragiona dello “scudo anti-spread” come ricetta economica all’incapacità politica dei governi di concordare un’adeguata risposta all’assedio della speculazione finanziaria, non mi meraviglierei più di tanto se per le prossime vacanze estive accanto ai propri figli, in spiaggia, trovassimo la mascotte di turno con il collarino “spread” in bella evidenza per sfatare una crisi che condiziona il nostro vivere quotidiano.

Paolo Vendola – Giornale Comunità 

POVERTÀ E IMPOVERIMENTO IN EUROPA TRA CRISI ECONOMICA E SOGGETTI SOCIALI: CONVEGNO DELLE ACLI

Parigi, 11-13 novembre 2010 – Si è tenuto a Parigi il 4° seminario internazionale di studio su “Povertà e impoverimento in Europa tra crisi economica e soggetti sociali” promosso dalle ACLI, l’ENAIP e la FAI, con il sostegno dell’EZA e della Commissione Europea. Per le ACLI e per la FAI (Federazione ACLI Internazionale), il seminario è stato lo strumento attraverso il quale, queste associazioni, intendono portarci a riflettere su questioni di grande rilevanza sociale, chiamando a confronto le organizzazioni europee che hanno come propria Mission la promozione ed il dialogo sociale, la cultura del lavoro e della cittadinanza. Il seminario ha visto la partecipazione anche di Jacques Delors (già Presidente della Commissione Europea), di Emilio Gabaglio (già segretario generale della Confederazione Europea dei Sindacati), di Conny Reuter (Presidente della Social Platform), di Raf Chanterie (Presidente dell’EZA – Centro Europeo per i problemi dei lavoratori), di Albin Krämer (KAB – Movimento dei Lavoratori Cattolici) e molti altri. Al termine dell’Anno europeo contro la povertà e l’esclusione sociale, le ACLI intendono interrogarsi non solo sull’efficacia delle politiche pubbliche del lavoro e dell’inclusione sociale, ma anche sulla capacità che hanno le reti sociali di rappresentare i soggetti più deboli promuovendo risposte/interventi diretti e indiretti, nuove pratiche dell’associazionismo di promozione sociale con l’idea concreta di trovare strumenti di partecipazione attiva in tutte quelle istanze sia istituzionali europee sia di collaborazione attiva con le altre reti sociali europee pensando anche ad un luogo d’incontro di condivisione e di proposte. Una delle grandi domande che si è posto anche il Presidente della FAI e delle ACLI Nazionali, è sul significato stesso del vivere, oggi, in povertà nell’Unione Europea. Attualmente ben 79 milioni di cittadini comunitari fanno fatica a giungere alla fine del mese e/o a garantire l’istruzione superiore o le cure mediche ai propri figli. Per non parlare dell’attuale crisi economica che mette a rischio di perdita del proprio posto di lavoro a 6 milioni di europei, colpendo comunque le fasce più svantaggiate quali i giovani. Per l’UE diventa, di fatto, una priorità morale, sociale ed economica; ma tutti i soggetti devono sentirsi coinvolti a partecipare attivamente nelle varie azioni di intervento. Per questo, anche le ACLI, viste le proprie finalità statutarie, si sente e deve sentirsi coinvolta ed impegnata con la propria azione sociale attivando il dialogo con tutti gli attori istituzionali e privati. Non a caso anche le politiche sociali europee, nella sua “Strategia Europa 2020”, si inizia a parlare di patto territoriale ma che vede e chiede un maggior coinvolgimento di partner, reti e organizzazioni non governative a sostegno dell’iniziativa sociale per promuovere le istanze dei soggetti più deboli. In questo, la grande esperienza delle ACLI, di più di mezzo secolo, può contribuire all’elaborazione di pratiche dell’associazionismo di promozione sociale condivisibile da tutti quegli attori che già operano a sostegno dei più deboli. Ma su questo punto, anche P. Elio Dalla Zuanna (incaricato nazionale della Conferenza Episcopale italiana per la formazione spirituale nelle ACLI), ci mette sull’attenti a non fare diventare il tema della povertà un tema astratto. Già oggi nel nostro agire quotidiano all’interno delle nostre associazioni facciamo fatica ad andare in certi quartieri poveri; anche nelle nostre stesse città facciamo fatica ad incontrare l’altro, il diverso. Il Presidente ACLI ci rammenta i Discorsi di San Basilio: “Ricorda che il pane che ti sopravanza, è il pane dell’affamato; il vestito appeso al tuo armadio, è il vestito di chi è nudo; le scarpe che non porti, sono le scarpe di chi è scalzo, le opere di carità che non compi, sono altret-tante ingiustizie che commetti”. Ciò significa che oggi il problema non è fare la guerra alla ricchezza ma alla povertà; bisogna stare attenti a quella povertà strisciante (quanti fanno difficoltà ad arrivare alla fine del mese) che porta a non agire a non incontrare l’altro, il più debole. Come associazioni impegnate nel sociale, dobbiamo contribuire con più forza alle politiche pubbliche e richiedere più coraggio con interventi mirati alle istituzioni, alle organizzazioni e contribuendo, semmai, a definire un nuovo modello di sviluppo e di coesione sociale. Anche nel nostro piccolo, nel nostro essere parte della società civile, bisogna avere il coraggio, come diceva Don Tonino Bello, di “essere spina nel fianco della gente che vive nelle beatitudini delle sue sicurezze”.

Paolo Vendola – Giornale Comunità
(ANNO XXXVI – N. 12.2010 – Mensile Cattolico Italiano della Svizzera Orientale)