Umbria, aprile 2019 – Sono a scrivere oggi, da qualche parte in Umbria vicino al Lago Trasimeno e dopo che un piccolo branco di cinghiali (composto da 4 adulti di cui due „bestioni“ in avanscoperta , e poi una dozzina di piccoli a seguire) ci ha attraversato la strada al rientro nella nostra struttura situata su un colle, in piena campagna. Anche qui, potente esempio di come anche un Team deve passare dal curare e prendersi cura di uno dell‘altro, perché se si è in squadra, si va’ nella stessa direzione, si vince!
Fuori dal tran tran quotidiano, e in fase riflessiva mi permetto di
soffermarmi sulla partenza di una già collega e poi collaboratrice del
team TRI: Manuela.
Ho conosciuto Manuela, quando faceva parte del Team 1 del TRIS, ed io
entravo, nel 2013, a far parte del Team 2, due team distinti ma che poi
svolgevano lo stesso lavoro di supporto a quelle centinaia di persone
che, in una loro fase di transizione di carriera, cercavano „sostegno“
(ricordate la lettera „S“ di TRIS?) al loro ricollocamento nel mondo del
lavoro. Poi ci siamo ritrovati in un unico team a portare avanti lo
stesso progetto, per circa un anno, e poi nella sua nuova veste
operativa a partire dal 2016 fino a quando mi sono ritrovato a gestire
un team composto da 11 persone, tra cui Manuela.
Qui mi soffermo per ricordare il sorriso di Manuela, il suo stare nel
team e per il team, a condividere i suoi stati d‘animo, ma anche una
grande professionalità. Quando c‘era da „tirare il carretto“ (ricordo le
fasi concitate di chiusura del bando nell‘aprile 2018) non si è tirata
indietro a rimettere mani nella documentazione, nei piani lezione e
supportarmi nel controllo generale prima di consegnare il tutto alla
Direzione per l’imbastitura finale. Un crescere all‘interno di un team
fatto anche di confronti „poco ortodossi“ o momenti di stress che
generano tensione anche verso altri colleghi della nostra azienda, ma
sempre nel rispetto dei ruoli, nel riconoscere i passi falsi e con un
tornare al principio di una costruttiva relazione tra pari. Il suo
sguardo attento verso i colleghi del team mi ha permesso anche di
riprendere le misure e l’ascolto delle difficoltà del singolo quando mi
sentivo e/o ero immerso nell’operatività e non trovavo spazio o il tempo
per sentire gli stati d’animo all’interno del team. Sapere che c‘è chi
può contribuire a „sentire la temperatura“ all‘interno di un gruppo lo
ritengo valore importante per far crescere un team che divide una grande
parte del proprio tempo sul posto di lavoro.
Qui mi giunge una seconda considerazione scaturita, dopo che ci si è
ritrovati per una cena di saluto (sempre a Manuela), alla conclusione
del primo trimestre di quest’anno che porta un po’ tutti a misurarsi in
una nuova realtà di operatività congiunta in spazi a volte al limite
della sopravvivenza tra „due“ team. Una cena, un momento conviviale in
seno alla „mia“ squadra (due posti vuoti segnalano chi purtroppo per
questo giro non ha potuto parteciparvi) che ha permesso dopo tre mesi di
stemperare stati d‘animo, tensioni e di stare semplicemente insieme e
ridere di cuore su episodi, aneddoti d‘aula e di gaffe fatte.
Ho osservato come in questo contesto, dopo tre mesi di lavoro a
coppie nei corsi TRI alternandosi negli ADoC, chi si è aggiunto nel team
proveniente da due altri progetti Labor si sia sentito accolto e parte
della squadra: una sorta di team building „informale“ ma che ha permesso
di amalgamare diverse persone. Un primo passo per unire!
Come in molte aziende, oggi si festeggia per un nuovo arrivo e poi si
brinda per un’altra uscita. Una prassi che si ripete e che porta ogni
volta a ri-misurare le convivenze e le relazioni nel suo interno, le
tempeste che si generano alla ricerca di un nuovo equilibrio,
scompensato da un’uscita.
Come persone, con diverse funzioni e ruoli, vedo poi applicato in pieno
l‘effetto del „dilemma del porcospino di Schopenhauer“. Fino a che punto
bisogna o si riesce ad avvicinarsi (lo spazio e le esigenze aziendali
lo richiedono), per sentirsi a proprio agio e per garantire operatività,
lo „stare insieme“ e seguire obiettivi di squadra o generali?
Ragionando su questo concetto della prossimità limite, vi sarà sempre
un‘autoregolazione delle distanze-vicinanze tra persone, alla continua
ricerca di un equilibrio per gestire momenti comuni (progetti inter-team
d‘area per esempio) e di sano distacco, perché ognuno deve raggiungere i
propri obiettivi operativi e di progetto, proseguendo su quella rotta
disegnata dalla Direzione e che ci vede tutti partecipi come unico
equipaggio.
Paolo Vendola
Team Leader TRI